La shareholder rights e le politiche di azionariato attivo

Per quanto riguarda il tema della  corporate governance ovvero i rapporti di potere che si generano all’interno del “sistema proprietario, oggi questo va configurandosi sempre di più come un complesso sistema, composto da molteplici azionisti che, a seconda degli interessi espressi, convergono in specifiche coalizioni azionarie di comando. Ne discende che il rapporto tra maggioranza e minoranza si caratterizza per un persistente precario equilibrio che, se compromesso, rischia di pregiudicare parte degli interessi in gioco.

Gli investitori istituzionali e i gestori di attivi spesso non sono trasparenti per quanto riguarda le loro strategie di investimento, la loro politica di impegno e la relativa attuazione.

Gli investitori istituzionali e i gestori di attivi dovrebbero, pertanto, dimostrare maggiore trasparenza per quanto concerne il loro approccio nei confronti dell’impegno degli azionisti.

Gli investitori istituzionali e i gestori di attivi dovrebbero comunicare al pubblico le informazioni sull’attuazione della loro politica di impegno, soprattutto in che modo hanno esercitato i loro diritti di voto (voto responsabile).

Ne discende che il rapporto tra maggioranza e minoranza si caratterizza per un persistente precario equilibrio che, se compromesso, rischia di pregiudicare parte degli interessi in gioco.

La DIRETTIVA (UE) 2017/828 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 maggio 2017che modifica la direttiva 2007/36/CE, concerne il recente contesto normativo orientato sempre di più verso l’obbligo della partecipazione assembleare per gli azionisti, che entrerà in vigore dal giugno 2019, e che mira a valorizzare i diritti e la partecipazione degli stessi in relazione alla loro posizione nei confronti degli emittenti operanti sul suolo comunitario.

Fra le principali innovazioni apportate dalla Direttiva, è opportuno segnalare:

  • il diritto degli azionisti ad approvare le politiche di remunerazione degli amministratori, che si pone dunque in linea con le raccomandazioni fornite dal FSB. Lo scopo principale della Direttiva è quello di promuovere una logica retributiva che valorizzi gli interessi a lungo termine dell’impresa, i quali infatti passano, almeno in parte, dalla maniera in cui gli assetti proprietari compongono il problema del cd. moral hazard;
  • i maggiori poteri di cui le società vengono munite nello scopo d’identificare i titolari dei propri titoli, che avviene tramite il rafforzamento dei diritti d’accesso presso gli intermediari detentori delle informazioni in merito;
  • un nucleo di previsioni tese a facilitare l’esercizio dei diritti assembleari da parte degli azionisti, il che si realizza tramite lo snellimento degli adempimenti necessari all’esercizio del diritto di voto (voto elettronico) ed alla partecipazione all’assemblea, nonché attraverso l’ottimizzazione dei tempi e dei modi a mezzo di cui le società sono tenute ad osservare gli obblighi d’informazione nei confronti degli shareholders. Particolare attenzione viene riconosciuta ai casi di cd. cross-border voting, per cui gli azionisti che non risiedono nel medesimo Stato della società debbono essere messi nella condizione di partecipare e votare all’interno dell’assemblea;
  • la regolamentazione delle relazioni fra azionisti ed investitori istituzionali, sui quali gravano obblighi più ficcanti sia sotto il profilo della disclosure – implicanti un onere di giustificazione delle proprie politiche – sia in relazione al problema del conflitto d’interesse, che è suscettibile d’inficiare i rapporti fra l’impresa e gli investitori istituzionali medesimi. Norme dello stesso tenore concernono poi la figura dei proxy advisors, sempre più crescente nelle dinamiche d’impresa delle società comunitarie;
  • l’insieme delle disposizioni indirizzate al potenziamento della tutela degli azionisti in occasione dell’approvazione di un’operazione con parti correlate, che anche in tal caso trova corrispondenza con le esigenze supportate dal FSB. In particolare, ogni transazione corrispondente ad almeno l’1% del patrimonio sociale deve essere oggetto di immediata disclosure, oltre che essere accompagnata dalla relazione di un terzo indipendente che ne confermi la congruità tanto con il valore di mercato quanto con gli interessi degli shareholders, incluse le minoranze. Viceversa, ove l’operazione ecceda la soglia del 5% degli assets aziendali – o comunque sia destinata ad avere un particolare effetto sui profitti o sul giro d’affari dell’ente – essa deve essere approvata con voto dell’assemblea generale, il quale ha natura vincolante.